Things we build end up building us

privata

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    Le notizie correvano leste anche in un'isola di ampie dimensioni come quella. Di bocca in bocca, esse venivano deformate assumendo connotati differenti da quella che era la comunicazione originaria. Che si trattasse di una leggera variazione del vento o di una nuova creatura avvistata, qualsiasi cosa in quel luogo veniva rivestita della massima considerazione dagli gli abitanti perché poteva bilanciare le sorti di quelli che sembravano i resti dell'umanità. Anche le popolazioni indigene nel erano al corrente, con le quali Ygritte non aveva modo di comunicare, visto che erano le uniche ad avvalersi di una lingua diversa da quella con la quale tutti gli altri suoi simili erano soliti comunicare. Non importava che questi individui avessero scelto di vivere sulla spiaggia, tra le montagne o nella fitta boscaglia, tempo pochi giorni e le notizie sarebbero giunte a tutti gli esseri umani. Tra queste voci, quella che aveva riscosso maggior interesse era l'arrivo di un nuovo abitante. Tornando al discorso della modellazione delle informazioni, c’era chi aveva capito che era un inglese, chi un norvegese, chi un vecchiaccio, chi un uomo affascinante. Erano trascorsi pochissimi giorni dalla sua comparsa ed in molti si erano proposti per dargli un supporto in modo da vivere nel migliore dei modi quel momento di passaggio che aveva toccato chiunque. Ma vi erano alcune persone preposte ad illustrare loro come abbracciare quella nuova vita, insegnandogli come muoversi per non perdersi e le norme vigenti da tempo immemore. Ygritte era una di queste, apparsa sulle coste quando era ancora adolescente, aveva trascorso sull’isola la maggior parte degli avvenimenti più importanti della sua esistenza e, sebbene per essa fosse stata costretta a privarsi di numerosi affetti, poteva dirsi sinceramente affezionata a quel luogo. Fu scelta tra altri anziani (non per l’età, naturalmente) per fare da guida all’uomo che aveva conosciuto solo alcuni gruppi stanziati sulla spiaggia. Ygritte aveva scelto di vivere nella boscaglia, sentendosi più protetta rispetto agli ampi spazi sabbiosi, nonostante nella folta vegetazione si annidassero molte creature pericolose. Non vi erano unicamente gli anziani ad occuparsi dell'inserimento dei nuovi arrivati, bastava che qualcuno si proponesse per l'incarico purchè vi fosse comparso da almeno tre mesi, il tempo necessario per potersi fare un'idea mediamente accurata dell'ambiente. L’esile collo allungato era stretto da una collana variopinta impreziosita di perline di argilla decorate a mano ed intrecciate con fili di matrice animali. Era un dono fattole da una delle più abili sarte della sua tribù, un’anziana donna comparsa sull’isola già in età avanzata che era riuscita a coniugare la sua perduta professione con le potenzialità della sua nuova casa. Ygritte indossava quel regalo in rare occasioni, per celebrare accadimenti particolari o, come in quel caso, farsi portavoce dei segreti che la sua gente aveva scoperto dell’isola, che ovviamente non gli unici che la riguardavano. Nemmeno le tribù più antiche, con le quali dialogare era estremamente difficile, potevano dirsi informati di tutto ciò che quel luogo celava. La collana era l'unico ornamento colorato che indossava, ad avvolgere il resto del suo corpo minuto ed abbronzato vi era del pellame dei colori della terra, ideale per mimetizzarsi nell'immensa gola di roccia creata da un antico fiume ormai prosciugato nella parte ovest dell'isola. Era un ambiente molto simile al Grand Canyon che Ygritte aveva visto da bambina, meta di animali ed insetti utili alla loro sopravvivenza. Le avevano detto che Ahmet, abitante dell'isola già da diversi mesi, era stato il primo a notare il suo arrivo e che era accorso ad offrirgli i primi aiuti. Aveva deciso perciò di far convocare entrambi mediante il capo del gruppo stanziato sulla spiaggia, in modo tale che il nuovo arrivato avesse al suo fianco un volto conosciuto e amico, si augurava, a supportare la mole di nuove informazioni e volti con cui si sarebbe dovuto scontrare nei cosiddetti Nidi silenziosi. Era il centro abitato più nutrito dell'isola anche se, come già detto, molte delle abitazioni erano state costruite anche sulla spiaggia e tra le montagne; quello restava comunque l'epicentro più affollato, simile ad una metropoli più piccola rispetto a quelle dove buona parte delle persone aveva vissuto prima di comparire inspiegabilmente sull'isola. Non dovette attendere molto prima di scorgere le due sagome che la raggiungevano. Sulle sue labbra si formò l'abbozzo di un sorriso alla vista di quel Jude Mikkelsen di cui si era tanto chiacchierato. Almeno la metà delle voci che le erano giunte sul suo aspetto fisico non corrispondeva alla realtà, era perciò curiosa di scoprire se anche le restanti informazioni in suo possesso fossero corrette oppure errate.
    ”Benvenuto nei Nidi Silenziosi, Jude Mikkelsen.”
    Lo accolse con voce perentoria. Quando si calava nella parte di mentore e guida prendeva molto seriamente il suo ruolo. ”Io sono Ygritte Abernathy e vivo da tanti anni nell'isola, per questo sono stata scelta per il tuo inserimento . Qualsiasi domanda ti frulli nella testa con me troverà risposta, perciò non farti scrupoli a chiedere anche la cosa che ti sembra più sciocca o inutile. Avrai modo di scoprire che qui qualsiasi cosa è importante.”
    A quel punto tacque per lasciar modo all'altro di riflettere sulle sue parole. Non esistevano orari sull'isola, si aveva la percezione del tempo tramite i mutamenti di luce e dagli indizi che le forze naturali disseminavano. Per questa ragione non aveva fretta alcuna di occuparsi di Jude, né pretendeva che tutto gli apparisse chiaro e logico in così poco tempo. Le sue mansioni quotidiane sarebbero state ricoperte da un conoscente, dunque sia Jude che Ahmet avevano la sua completa assistenza, almeno per il tempo necessario. Alcune cose per il ragazzo sarebbero risultate ripetitive ma Ygritte sosteneva che vi fosse sempre qualcosa da imparare, ascoltando nozioni già apprese da differenti punti di vista. Si rivolse al giovane Ahmet col quale aveva già avuto a che fare in passato. Non era stato affidato a lei l'incarico di aiutarlo quando era comparso e sebbene la sua vita lì fosse scandita da diversi mesi ormai, pensava potessero essersi ancora cose a lui ignote.
    "Ahmet mi è stato riferito che sei alla ricerca di un luogo dove poter riportare alla luce la tua vena artistica precedente, è corretto?"
    Il capo della sua tribù teneva a qualsiasi essere umano fosse stato condotto sotto la sua ala protettrice. Era un buon ascoltatore e sapeva carpire i desideri di chi gli stava accanto. Le aveva parlato di una piccola capanna che avrebbe potuto fungere da studio per il giovane, anche se era chiaro che ormai quadri o sculture non avrebbero più potuto portargli grosse soddisfazioni in termini pratici. Non che non esistesse più la concezione di lavoro, ma ci aveva delle competenze in qualche campo prima di approdare lì le aveva messe al servizio di un unico scopo: la propria sopravvivenza e quella di chi lo circondava.
     
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    Il rifugio di Ahmet consisteva in una piccola abitazione la cui cima paglierina svettava piuttosto solitaria ai margini dei Nidi Silenziosi. Lo aveva progettato lui stesso quando, qualche giorno dopo il suo arrivo, era finalmente riuscito a fare i conti con la nuova situazione e a mettervisi in gioco. Aiutato dagli altri, aveva dato forma alla base in argilla e paglia, ai muri di legno e pellame, al tetto a forma di cono che sovrastava un un ampio spazio circolare privo di divisioni. Lì dentro aveva raccolto tutto ciò che poteva chiamare suo avere: un giaciglio costituito da larghi brandelli di pellame, cuciti insieme in una sorta di sacco riempito di fieno; un'asse di legno posta a congiungere due dei pali della struttura del rifugio e che, larga un paio di spanne, fungeva da mensola su cui appoggiare i propri vestiti e i pochi oggetti che aveva con sé al suo arrivo; due sgabelli dalle gambe rozzamente intagliate; infine, un tavolo. Sulla superficie di quest'ultimo v'erano l'urna dell'acqua e gli oggetti della vita quotidiana, ma la maggior parte dello spazio era ingombra di elementi apparentemente inutili. Blocchi di legno: le loro dimensioni variavano da quelle di un pugno a quelle di un libro voluminoso. Le forme irregolari li identificavano come scarti di falegnameria, e in alcuni casi dei tagli più complessi sembravano essere stati lasciati a metà, nel loro intento di creare strette sporgenze, profonde incavature. Erano alcuni dei suoi tentativi di avvicinarsi alla scultura, mentre pochi lavori terminati erano sparsi senza ordine per la capanna, e rappresentavano figure animali curiosamente distorte.
    Era una passione nuova, ancora acerba, che era nata come risposta all'esigenza di rimanere se stesso e, allo stesso tempo, far fronte ai cambiamenti che gli erano stati imposti. Ciò che un tempo la pittura aveva rappresentato era passato ora nelle forme del legno, sebbene le sue dita non avessero ancora trovato con la lama la stessa affinità del pennello. Nonostante i lavori rozzi – le gambe degli sgabelli ne erano un esempio, nel loro tentativo di imitare le spire sinuose del serpente, lo sguardo magnetico del gufo e le fattezze di altre bestie – Ahmet sentiva che era quella la strada che avrebbe dovuto seguire. Non v'era modo di tornare alla pittura, e non solo per mancanza di mezzi, a cui in qualche modo avrebbe potuto sopperire, come aveva suggerito anche Jude.
    L'anglo-norvegese, l'ultimo acquisto dell'Isola, si era rivelato una piacevole compagnia perfino per un solitario come Ahmet. Dalla sua apparizione sulle Spiagge Infuocate il giovane si era sentito investito del compito di accompagnarlo nei primi passi della nuova esistenza. Era curioso, ai suoi occhi, essere colui che deteneva la maggiore conoscenza. Da sempre era stato abituato a considerare l'età come portatrice di esperienza e rispettabilità, e d'istinto si sentiva un gradino più in basso rispetto a qualcuno più in là con gli anni. Jude era evidentemente più grande di lui, sebbene ancora giovane; nonostante questo, era Ahmet a conoscere l'ambiente in cui si muovevano, le regole di quel gioco tanto curioso. Calato nel suo ruolo di guida, per la prima volta si rendeva davvero conto di ciò che conosceva dell'Isola, così come degli innumerevoli misteri che ancora restavano.
    Per il momento si era deciso che Jude condividesse l'abitazione di Ahmet, in attesa di una sistemazione più comoda. I vicini gli avevano fatto avere un giaciglio simile a quello del ragazzo che, stranamente, non aveva reagito male a quella che sarebbe potuta sembrare un'invasione dei suoi spazi personali. Al contrario, il giovane sentiva una vera simpatia nei confronti della nuova conoscenza, per quanto la sua naturale reticenza gli impedisse di appellarla come “amico”.
    Ahmet era un compagno di stanza caotico. Possedere pochi oggetti non gli impediva di creare un disordine inaudito con ciò che si ritrovava, senza contare i trucioli di legno che parevano sbucare da ogni angolo anche dopo giorni che non intagliava nulla. Aveva fatto del suo meglio per rendere l'ambiente vivibile al nuovo arrivato, che dal canto suo si manteneva discreto, forse reticente ad appropriarsi di quello spazio. Ad ogni modo, i due parevano aver trovato una comune lunghezza d'onda: escludendo un paio di occasioni in cui Ahmet si era fatto irrimediabilmente silenzioso, le loro conversazioni scorrevano senza intoppi e con benevola partecipazione da entrambe le parti.
    Ahmet sapeva che quella sistemazione era solo temporanea, e che la convocazione da parte degli Anziani sarebbe arrivata presto. Quando infine successe, si stupì di vedersi nominato personalmente, e nell'accompagnare Jude verso il luogo del ritrovo sentiva la curiosità premere contro il proprio petto. Per l'occasione aveva indossato la sua tunica più riccamente decorata, sul cui tessuto verde si intessevano forme che rimandavano al folto del bosco, con le sfumature del suo fogliame e delle cortecce di alberi secolari. I capelli, però, erano più disordinati che mai.
    Ad accoglierli, Ygritte Abernathy: la sua figura minuta non era nuova ad Ahmet, per quanto non potesse dire di conoscere personalmente la giovane donna che stava loro di fronte. La studiò, impassibile, ricevendone la solita impressione di forza e determinazione, che faceva di lei una buona incarnazione dell'autorità che rappresentava. Sapeva poco o niente di lei, se non che era un personaggio riconosciuto e stimato, fatto di cui la stessa Ygritte sembrava più che consapevole nel suo modo di fare sicuro.
    Non aveva idea della misura in cui la donna intendeva coinvolgerlo nell'incontro, e la guardò incuriosito quando si sentì chiamare in causa. Le voci le avevano riferito correttamente: la sua capanna era decisamente troppo piccola per contenere i suoi tentativi di riavvicinarsi all'arte, senza contare che non possedeva gli strumenti necessari per un lavoro fine come prevedevano i suoi obiettivi. «Sì, è corretto.» Non avrebbe aggiunto altro a quella affermazione pronunciata come un interrogativo, non fino a quando non gli sarebbe stato più chiaro dove la donna volesse arrivare. Possibile che volessero concedergli la possibilità di dedicarsi ufficialmente a ciò che lo chiamava?
     
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    Erano trascorsi appena due giorni da quando Jude era apparso sull'isola, ma per lui erano equivalsi a mesi interminabili; il tempo pareva scorrere in maniera più lenta e cadenzata rispetto al suo luogo di provenienza e le giornate sembravano interminabili. Ad accrescere quella sensazione vi era il fatto di non avere un reale scopo nella giornata, cosa che invece tutti gli altri individui che aveva incontrato al villaggio sembravano avere. Persone appartenenti a diverse etnie che, in quell'ambiente, abbigliati con abiti simili e votati al medesimo scopo, coesistevano come parte integrante di un gruppo che non vedeva diversità tra occhi a mandorla e carnagioni olivastre piuttosto che diafane o fumogene. In un certo senso quel modo di vivere in nicchia rassomigliava a quello istituito nella cittadina dove Jude aveva abitato negli ultimi quattro anni, con le dovute differenze legate principalmente a delle comodità che in quell'ambiente erano impensabili. Si trattava di ricostruire da zero la propria concezione di vita, dal modo in cui ci si lavava a come ci si nutriva, dunque partendo dalle basi sino a raggiungere peculiarità meno legate alla mera sopravvivenza dell'individuo. Si tornava bambini in un contesto notevolmente diverso, tavolozze bianche pronte ad essere riempite di nozioni spesso nuove con la speranza di modellarle per diventare vere e proprie abitudini il prima possibile così da rendere le proprie giornate meno disagevoli possibili. Essere introdotti in una delle molteplici vite possibili sull'isola, quella di Ahmet, era stato un notevole aiuto per Jude. Non che si fosse aspettato, essendoci altri individui come lui nella stessa situazione, di venir abbandonato ad un'esistenza eremitica, se non fosse stata da lui stesso ricercata, tuttavia poteva dirsi fortunato visto com'erano stati i primi giorni del giovane in quel luogo sconosciuto e pregno di ostacoli. La capanna di Ahmet rappresentava forse la soluzione abitativa più difficile all'interno di quel piccolo villaggio, tanto che Jude sospettò che si trattasse di una sistemazione temporanea poiché sprovvista di separazione di spazi. Pochi erano gli averi del giovane e qualsiasi elemento inserito in quel ristretto spazio appariva esattamente per quello che era: qualcosa di artigiano, costruito senza curare eccessivamente i dettagli per questioni forse di tempo ma perfettamente funzionali per consentire all'abitante una quotidianità sommariamente agevolata. Trasudava a modo suo quella vena artistica che l'uomo era certo avesse il ragazzo, al punto da fargli domandare se nel tempo sarebbe riuscito a rendere quel luogo sempre più suo, uno specchio del giovane uomo che stava diventando, in un miscuglio di colori e forme sulle quali stava ancora operando. A differenza di come le dottrine militari avevano impartito a Jude, Ahmet pareva non essere un individuo molto ordinato anche se per quanto ne sapeva Jude, quella poteva essere stata per lui anche la prima esperienza di vita in solitaria; aveva visto molti suoi amici regnare in disordini epocali quando avevano lasciato la casa di mamma e papà, catapultati in doveri fino a quel momento lasciati in mani più abituate ed attente. Il norvegese era sempre stato abituato a badare a sé stesso, anche quando viveva con i suoi genitori ed i suoi fratelli e le faccende domestiche erano compito della domestica, la quale avendo una malcelata predilezione per lui, cercava di introdurlo giorno dopo giorno a quel mondo fatto di ferri da stiro, pulizie e ordine maniacale che la maggior parte dei suoi coetanei non vedevano nemmeno una volta raggiunta la propria indipendenza. Gli ultimi quattro anni trascorsi senza la sua ex moglie avevano risvegliato la su vena individualista, almeno nel contesto di vita domestica, dunque tornare a dividere i propri spazi ed abitudini con qualcuno -che oltretutto appena conosceva- gli riuscì complicato, anche se si trarrò di poco tempo, come gli era stato riferito appena arrivato al villaggio. Aveva avuto modo di approcciarsi ad Ahmet su un piano disteso, fatto di discorsi importanti ed altri più blandi, scoprendo in quei pochi anni che li separavano un'ottima compagnia e caratteri non totalmente differenti. Poi avvenne la fantomatica convocazione per la quale l'ex capo della polizia nutriva non poche aspettative: lì ciascuno aveva una propria missione, se così la si poteva chiamare, un motivo per cui aprire gli occhi ogni mattina e sentirsi utili non solo a sé stessi ma anche all'intera comunità che aveva scelto di stanziarsi nella vegetazione lussureggiante.
    Anche dove abitava prima, seppur in maniera differente, Jude aveva un motivo valido per abbandonare il letto ogni mattina che non riguardava solo sé stesso, ma anche il resto della comunità e desiderava capire sull'isola quale sarebbe stato. Ahmet gli aveva assicurato che gli anziani avrebbero trovato tutte le soluzioni possibili per farlo sentire meglio anche se, di questo Jude era certo, avrebbe dovuto aspettare molto tempo prima di poter davvero sentire di appartenere a quel luogo, a trovare un briciolo di felicità che non gli facesse mancare ogni secondo ciò che aveva lasciato.
    Lui ed Ahmet camminavano silenziosamente verso la piazza del villaggio dove svettava un pozzo rudimentale. Ad accogliere il loro arrivo una donna di una bellezza mozzafiato, nonostante l'età marcata dal sole che doveva aver scottato la sua pelle per anni, la cui voce profonda e morbida era sensuale quanto il suo aspetto. Vestita più riccamente rispetto agli altri abitanti del villaggio, l'uomo sospettò si trattasse di ornamenti da cerimonia o che ne sottolineavano la gerarchia. Si presentò con tono austero ma calmo, portandolo a chiedersi se non si trattasse di una facciata legata al ruolo che ricopriva o se fosse il suo naturale modo di parlare. Lo invitò a stringerle la mano, un gesto così legato al mondo che avevano lasciato che per una frazione di secondo fece tentennare l'uomo. La stretta decisa non rappresentò altro che una conferma dell'idea che Jude si era fatto. Grazie Ygritte. la ringraziò di rimando senza soffermarsi a pensare se avesse dovuto darle del voi trattandosi di una figura di un certo grado. Ma quanto davvero aveva senso un'etichetta, in quel luogo? A quel punto la donna si rivolse ad Ahmet, cogliendo Jude di sorpresa. Tutto, da quell'accoglienza che gli era stata riservata a quell'implicita manifestazione d'attenzione riservata al giovane lasciava trasparire quanto l'ambiente da quelle parti fosse mite e cordiale, avvezzo alla cura dei nuovi arrivati. Un po' come il corpo della polizia faceva con i cittadini, pensò con una nota di nostalgia.
    Decise di andare subito al nocciolo della questione, com'era solito fare. Attaccarsi a quelle che erano certezze sulla sua persona lo aiutava ad assicurarsi di non perdersi, col rischio di diventare qualcun altro, modellato da una situazione che non aveva ricercato. Ahmet è stato così gentile da ospitarmi nella sua capanna, ma mi preme ridargli indipendenza e privacy il prima possibile. Da solo temo impiegherei troppo tempo a costruire una soluzione abitativa personale, senza contare che non saprei dove recuperare i materiali e che le mie nozioni di edilizia sono abbastanza limitate. si morse la lingua, reputandosi stupido per aver accennato a cose di quel tipo quando, appariva chiaro, era già tanto pensare di avere un tetto sulla testa che fosse proprio. Poteva scordarsi l'abitazione signorile dove aveva vissuto gli ultimi anni, tuttavia gli sarebbe piaciuto iniziare con qualcosa anche di piccolo per poi, nel tempo perso, poterla ampliare secondo il suo gusto e le sue necessità.
    Se ci fosse qualcuno disposto a darmi una mano, nel tempo che gli resta oltre alle sue normali occupazioni, sarebbe la soluzione ottimale. Credo servirebbero più di una persona e naturalmente proverei a ricambiare il loro aiuto come meglio potrei... Ygritte aveva parlato di domande sicuramente votate all'intera situazione oltre che a ciò che ancora non conosceva dell'isola, ma Jude preferiva pensare prima alle cose urgenti, almeno per lui. Ed ovviamente desidero trovare un campo in cui posso rendermi utile. Ero direttore generale della pubblica sicurezza nella cittadina dove vivevo...capo della polizia... aggiunse infine, come se la donna non potesse arrivare da sola all'impiego che aveva ricoperto sino a qualche giorno prima. Preferì lasciare a lei il compito di illustrargli una o più mansioni in cui riteneva potesse essere d'aiuto, anche se aveva già qualche idea a fronte delle proprie capacità. La sua vita sull'isola, per com'era fatto, sarebbe realmente iniziata nel momento in cui avrebbe ritrovato i propri spazi, familiarizzato con gli altri sopravvissuti e trovato uno scopo al quale votare la sua nuova esistenza.
     
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  4. Lauren White
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    Lauren camminava ormai da diverse ore lungo la spiaggia che prima le era molto familiare, ma, via via che camminava, diventava sempre più sconosciuta e misteriosa.

    Sulla spalla portava la sacca della sua amata chitarra, alla quale erano attaccate le scarpe con il tacco troppo scomode per camminare sula sabbia, il caldo la stava mettendo a dura prova, nonostante indossasse solo una canottiera nera dei Metallica e degli shorts strappati, le sue origini Australiane e il fatto che preferiva il caldo al freddo.

    Sudata e con il fiatone si fermò e si guardò intorno Dove diavolo sono? E come ci sono arrivata? A entrambe le non sapeva come dare una risposta, continuava a guardasi intorno seria e preoccupata, all'orizzonte notò un villaggio E quello da dove salta fuori? Altra domanda senza risposta, decise comunque di dare un'occhiata anche per riposarsi e bere qualcosa.

    Camminò per altri interminabili minuti prima di arrivare al villaggio, si fermò per un attimo davanti all'entrata ammirando le case ricavate da legno, pietra e paglia Carino. Si sistemò meglio la sacca della chitarra ormai diventata più pesante del solito ed entrò nel villaggio.

    Vagò per qualche altro minuto fino a notare un gruppo di tre persone, due maschi e una femmina, che stavano parlando fra di loro, si fermò a guardare i loro abiti rimanendone sorpresa, fece un sospiro e si avvicinò a loro.

    Durante i pochi metri che la speravano dal gruppo le venne una stranissima sensazione, ma non sapeva il perchè, si mise fra i due uomini e disse Scusate? Mi sono persa, sapete come faccio a... Non le venivano in mente le parole ...Tornare a casa? Complimenti Lauren, perchè di sicuro loro sanno dov'è casa tua. Pensa ammonendosi, ma quella ammonizione le fa rendere conto di una cosa, neanche lei sapeva dove fosse casa sua Sydney, ok, ma dove di preciso? Non lo ricordava, si guardò intorno ansiosa Dove sono finita? Chiese, anche se in realtà era un pensiero che era sfuggito alla bocca, attese comunque una qualsiasi risposta a quella domanda quasi esistenziale per lei in quel momento
     
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    Ygritte scorse in Ahmet un barlume di eccitazione nel venire a sapere che la sua passione per il mondo artistico non era passata inosservata. Tuttavia si mostrò altresì discreto nell'attendere che la donna gli fornisse maggiori informazioni a riguardo. L'idea sfortunatamente non era sua, anche perchè come già detto Ahmet non era stato affidato alle sue cure ma siccome stava per incontrarlo aveva ritenuto utile informarlo sin da subito. "Verso nord, a poche miglia da qui, era stata costruita tanti anni fa una piccola casa sull'albero che fungeva da vedetta per l'uomo che allora si occupava di controllare quell'area, per tenerle il villaggio al sicuro da eventuali predatori..." non era facile proseguire, anche perchè ciò che stava per rivelargli non era decisamente rassicurante sia per lui ormai avvezzo a quel genere di pericoli del luogo, sia per Jude che era nuovo a tutto quello. "Purtroppo quell'uomo è morto, sbranato da una creatura che dopo aver banchettato è fuggita ad ovest alla ricerca di altre prede. La zona è stata controllata più volte e resa sicura, se volessi sfruttare la capanna come studio dove esprimerti." Si rendeva conto che messa così potesse non essere una delle proposte più allettanti della storia, ma distava comunque pochi passi dalle ultime abitazioni del villaggio quindi per qualsiasi cosa, avvistamento o richiesta d'aiuto, era certa che il giovane non avrebbe avuto problemi. L'uomo che aveva citato non aveva i riflessi pronti e complici una serie di coincidenze non era riuscito a salvarsi.
    La questione Jude Mikkelsen invece si faceva più ostica anche se da quel che poteva vedere, si trattava di un uomo che sapeva il fatto suo e che sicuramente non avrebbe avuto problemi ad inserirsi nella comunità locale. Ygritte non ricordava più ormai come si era sentita tanti anni prima, quando da ragazzina era comparsa in quel luogo ostile e misterioso. L'istinto di sopravvivenza era già forte in lei ma non aveva la forza nè alcun tipo di esperienza ad aiutarne la sopravvivenza. Era rimasta sola un paio di giorni, intrappolata in una voragine convessa formatasi tra le rocce, impossibilitata a risalire perchè i sassi di varie forme la facevano scivolare ad ogni tentativo. Ormai denutrita e debilitata dal sole e dalla disidratazione, era stato un miracolo che un gruppo di cacciatori fosse passato da quelle parti e l'avesse avvistata. Repentini erano riusciti a trovare un incastro di manovalanza e utensili tale da riuscire a liberarla da quelle prigionia naturale. I primi giorni erano stati davvero duri, dopotutto era solo una ragazzina. Le mancavano i suoi famigliari, le sue radici, la sua casa, perfino la scuola allora tanto odiata; ma alla fine il tempo e la routine, in aggiunta al supporto della gente che l'aveva accolta, le aveva ridato la speranza di poter proseguire la sua vita seppur in maniera differente da come avrebbe mai immaginato. Valutò la più che normale richiesta di Jude appellandosi alla sua memoria e ad un pizzico di concentrazione silenziosa. "Ci sono alcuni uomini che chiamiamo i costruttori, i quali si occupano della maggior parte delle costruzioni all'interno del villaggio. Chiederò loro di darti una mano, alternandosi in modo da non dover accantonare edificazioni di maggiore priorità e in modo tale da non farti attendere molto." riteneva che condividere uno spazio abitativo con qualcuno fosse il minimo dei problemi in una situazione come quella in cui tutti si trovavano, ma comprendeva le esigenze di un uomo adulto abituato a vivere da solo e che non desiderava essere di peso a chi lo aveva soccorso. Nell'isola comunque veniva sempre offerta una mano a tutti, specialmente ai nuovi arrivati per i quali le cose erano notevolmente più complicate da digerire. "Domani manderò un messaggero presso la capanna di Ahmet che ti condurrà nel luogo dove i costruttori riterranno ci sia abbastanza spazio per costruire. Dovrai fornire loro qualche indicazione, se avrai delle esigenze particolari." leggermente intrisa di ironia, quell'ultima frase sembrava voler deridere l'uomo che sin da subito aveva manifestato l'esigenza di avanzare pretese, seppur abbastanza naturali. Ma per com'era fatta Ygritte al primo posto vi era chi lo aveva soccorso e poi le proprie esigenze personali. L'uomo le aveva detto che desiderava avere uno spazio proprio per non invadere quello di Ahmet, ma aveva forse domandato a lui se aveva così fretta di tornare alla sua solitudine? "Verrai messo alla prova come cacciatore. Presumo ti abbiano impartito nozioni di sopravvivenza all'accademia di polizia, senza contare che con un lavoro simile dovresti avere i sensi allenati e una prestanza fisica che ti renderebbe idoneo per questa mansione." Non ce lo vedeva ad intrecciare la paglia o cucire stoffe e pellame; anche ad una prima occhiata era chiaro che quell'uomo si prestasse ai lavori manuali che comprendevano determinati sforzi. Stava per proseguire quando un arrivo inaspettato interruppe il flusso dei suoi pensieri. Con sguardo interrogativo, Ygritte una ragazza dai capelli fini color oro raggiungerli. Vestita seguendo quella che ancora ai suoi tempi ricordava essere una moda piuttosto seguita, teneva a tracolla una chitarra. Ygritte non vedeva persone vestite così da così tanto tempo che, in qual momento, rimase per un attimo con la bocca leggermente dischiusa per la sorpresa. Era chiaro dalle parole che proferì, che era appena comparsa sull'isola. Sembrava esserle andata bene, al contrario di Jude che era quasi annegato o Ahmet che era quasi perito nel folto della vegetazione. Quando si aveva a che fare con situazioni di quel tipo era bene cercare di essere pazienti, per evitare di allarmare troppo il nuovo arrivato, anche se vista la portata di ciò che stava per rivelarle si sarebbe aspettata tranquillamente una crisi di panico.
    "Ehm, temo sia impossibile che tu riesca a tornare a casa." Di norma Ygritte era sempre stata abile con le parole, ma non sempre si rendeva conto di quanto potessero risultare ciniche e devastante, nonché prive di tatto, le sue uscite. Le si avvicinò, ponendo distanza dai due uomini. "Ci troviamo su un'isola sconosciuta dove inspiegabilmente, e da tempo immemore, le persone compaiono come teletrasportate da una forza invisibile. Nessuno sa se esistono ancora i luoghi dai quali ciascuno di noi proviene, se ci sia ancora qualcosa oltre quest'isola perchè non c'è modo di abbandonarla. Ognuno di noi ha dovuto arrangiarsi, raggruppandosi in tribù, costruendo villaggi, aiutandosi vicendevolmente in favore della reciproca sopravvivenza..." Non era mai facile riferire quelle dure verità e non doveva accadere proprio in quel momento, quanto già c'era un nuovo arrivato (Jude) e per Ygritte era già complicato seguire lui al meglio delle proprie possibilità. Di solito a ciascun novellino era affidata una figura che lo seguiva passo dopo passo mentre in quel momento si trovava da sola con ben due persone. Pregò che Ahmet potesse aiutarla per quel che poteva.
    // I turni sono Ygritte, Ahmet, Jude, Lauren
     
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    Ahmet pendeva dalle labbra della donna, le cui parole venivano assorbite dal giovane in un'attesa immobile, dal fiato sospeso. Non aveva osato sperare troppo, dunque: gli anziani erano davvero intenzionati a concedergli un luogo dedicato interamente all'arte, che pure poteva sembrare un mero orpello, un lusso non necessario per la loro comunità, così immersa nella sfida continua della sopravvivenza. Per tutta la sua vita era stato convinto che la cultura giocasse un ruolo fondamentale in qualsiasi società, ma non si illudeva: arte, letteratura e scienza fioriscono solo quando i bisogni primari sono soddisfatti. Allora possono intervenire il bello, l'innovatore, le sfide e le soddisfazioni necessarie a far sentire il bipede più propriamente uomo, più vicino alla realizzazione del suo meraviglioso potenziale. Ahmet poteva apparire come il prototipo dell'artista che vive per le proprie emozioni, del tutto abulico quando si parla di uscire dal proprio guscio e affrontare il mondo esterno. Era vero solo in parte, nient'altro che una delle tante sfaccettature che gli davano forma, una che prendeva il sopravvento soprattutto nei momenti più difficili. Vi era in lui, però, anche una forte spinta al collettivo, che aveva scoperto pienamente nei mesi passati sull'Isola. Credeva che la sua sfida fosse quella di sfruttare la propria auto-consapevolezza per raggiungere ogni altro essere umano, scovare le congiunzioni che legano intimamente ogni persona e creare specchi in cui chiunque potesse riflettersi per davvero. Voleva che anche gli altri si vedessero rappresentati in qualcosa di meno effimero della vita, delle misere rotazioni intorno al sole che ci sono concesse; far sentire su labbra destinate a decadere il sapore dell'immortalità.
    Pensieri simili, seppur appena tracciati, solcavano la sua mente in quel momento, rivelandosi nella insolita luminosità dello sguardo. Si trattava di brandelli fugaci, perché non si concesse il tempo di riflettere a fondo, non in quel momento. Furono le emozioni a prevalere, fino a trascinare la sua stessa voce. «Sì. Sarebbe meraviglioso, non so come ringraziarvi.» Che importanza aveva se si trattava di un posticino piccolo, probabilmente scomodo da raggiungere, specialmente con dei blocchi di legno un po' più voluminosi? Che importanza aveva la terribile storia di chi lo aveva occupato in precedenza e che perfino Ygritte aveva esitato a raccontare? Si trattava solo di minuscole macchiette su una superficie così luminosa da stordirlo, non dubitava che con un po' di ingegno vi si sarebbe trovata soluzione. Immaginava già curiosi sistemi di funi per calare e far salire il materiale, piani di fuga strategici in caso di pericolo. «Mi impegnerò per meritare la libertà che mi concedete.» Era forse presuntuoso, da parte sua, sentirsi incaricato di un compito di una portata come quella che si figurava? Ad ogni modo era deciso ad assumerlo con la più grande umiltà, consapevole di essere un'insignificante pedina in un gioco dalle proporzioni inimmaginabili. Ed era assolutamente grato che il suo ruolo fosse stato riconosciuto.
    Una simile integrazione era quella di cui si discuteva per Jude, che si mostrava comprensibilmente impaziente di assumere una certa autonomia. Ahmet aveva cercato di rendergli chiaro il fatto che per lui la sua presenza non fosse di alcun disturbo, ma d'altra parte lui stesso, quando era stato nella medesima situazione, aveva sentito il bisogno di trovare il proprio posto. Si trattava della normale esigenza di stabilità in un contesto che ha fatto crollare qualsiasi precedente convinzione, credeva lui, e fu contento di apprendere che ci si sarebbe mossi fin da subito per andare incontro ai desideri dell'uomo. Il colloquio lo riguardava solo marginalmente, quindi si mantenne silenzioso osservatore; rivolse un sorriso in direzione dell'uomo, incoraggiante e vagamente divertito da quella che appariva quasi una punzecchiatura da parte di Ygritte.
    La mente volava già all'atelier che gli era stato promesso, ma nondimeno non si perse neppure una parola di ciò che seguì, né il suo corpo smise di prestare attenzione a ciò che lo circondava. A farlo voltare fu lo sguardo di Ygritte, la sua espressione di stupore rivolta verso qualcuno o qualcosa alle spalle dei due uomini. Quando Ahmet si voltò, rimase stupito nel vedere una quarta persona dirigersi verso il loro piccolo capannello. Ad essere sconcertante non era tanto il fatto che qualcuno si unisse a loro, quanto l'aspetto della giovane: tutto, dall'abbigliamento alla chitarra in spalla all'aria affaticata, suggeriva che Jude non poteva più vantare il titolo di ultimo approdato. La ragazza era una metallara fatta e finita, a giudicare dal suo aspetto. Ahmet ricordò di sfuggita che lui stesso apprezzava i Metallica, quando ancora poteva ascoltarli. Ritrovare una testimonianza così palpabile di quella esistenza tanto lontana gli provocò una strana sensazione di alienamento, che si affrettò a scuotersi di dosso.
    Come c'era da aspettarsi, Ygritte non esitò a prendere in mano la situazione. Le sue parole non gli sembrarono dotate di molto tatto, ma d'altro canto forse neppure esisteva un modo delicato di affrontare la questione. Lui stesso aveva sperimentato quanto fosse difficile dare la prima spiegazione. Nel riconoscere nelle due donne se stesso e Jude rivolse un'occhiata a quest'ultimo, sperando di intravvedere uno scorcio dei suoi pensieri di fronte a quel curioso specchio. Si chiedeva anche lui da che parte fosse casa? Ahmet ormai aveva smesso di farlo, o quantomeno così diceva a se stesso nei momenti di lucidità.
    Era un momento delicato, e il fatto che fossero in tanti poteva essere tanto un punto di forza quanto una fatale debolezza. Dovevano essere presenti nella misura in cui il loro intervento avesse potuto aiutare la nuova arrivata, ma rimanere pronti a riprendere le distanze qualora avesse mostrato segni di insofferenza. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era sentirsi circondata, lo ricordava dalla propria esperienza.
    «Ygritte dice la verità.» Intervenne, separato da un breve silenzio dalla stessa. Lo sguardo muschiato percorse prima i lineamenti dell'Anziana, poi quelli della nuova; in esso, esitazione nel valutare rapidamente le possibilità di azione. «Ma sembri stanca, devi aver camminato un bel po' prima di raggiungerci, e quella chitarra non deve essere leggera.» Accennò un sorriso. «Vorrai sederti, bere un po' d'acqua.» Fece un cenno verso le piccole capanne che circondavano la piazza: la maggior parte degli abitanti era occupata altrove nelle mansioni quotidiane, ma su qualche soglia si scorgevano già delle figure incuriosite, che non avrebbero esitato ad offrire il proprio aiuto. Lui era pronto a fare strada, se lo avesse voluto e se gli altri non fossero intervenuti diversamente.
     
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    Jude dovette attendere prima di scoprire qualcosa in più riguardo la sua situazione perchè Ygritte dovette prima offrire delle spiegazioni ad Ahmet, il quale giustamente era in trepidazione sin dalle sue prima parole. Fu una presa di posizione che l'uomo trovò molto bella da parte di colei che pareva essere una sorta di capo in quel villaggio. Dopotutto il succo sembrava essere che non bisognava pensare di doversi votare unicamente ad una sopravvivenza solo perchè si trovavano su quell'isola, ma che al contrario ci si poteva dedicare ancora ad altri passatempi e dunque vedere la propria vita in maniera meno disperata e univoca. Cosa che anche per lui rappresentò motivo di speranza, in quel momento in cui avvertiva ancora nitido lo sconforto per colpa della propria situazione. Forse lui la viveva in quel modo perchè vi si stava approcciando da poco tempo poiché era ovvio che non era l'unico a nutrire quei sentimenti. Avvertì un brivido freddo corrergli lungo la schiena quando sentì la donna parlare di una creatura che aveva sbranato un essere umano e cercò di convincersi che il fatto che non avesse parlato nello specifico di un animale fosse solo perchè nessuno era stato presente per vedere l'animale e dunque aveva optato per un generico "creatura". Quanto ancora non conosceva di quel luogo, non aveva idea di cosa potersi aspettare poiché era chiaro che la gente da quelle parti fosse allarmata non solo di poter morire di stenti ma anche per animali che non aveva ancora visto. La cosa strana era come ne parlavano, senza contare che Jude si domandava su un'isola che razza di specie animali potessero vivere che incutevano così tanto timore.
    Fortunatamente il discorso venne presto spostato su qualcosa di meno preoccupante e che lo riguardava da vicino. Dunque chi si occupava dell'edilizia, come architetti, ingegneri e geometri venivano chiamati costruttori; era un termine semplice, molto generico ma che vista la situazione pareva essere perfetto. Ti ringrazio. disse annuendo col capo, come se volesse avvalorare le proprie parole. Non gli riusciva di darle del lei, anche se era palesemente più grande di lui e si erano appena conosciuti, oltretutto lei aveva fatto lo stesso con lui anche se il tono con cui aveva proferito ciascuna parola appariva piuttosto autoritario e distaccato. No, l'unica esigenza che sento di avere al momento è di avere un tetto sopra la testa e delle mura che non mi facciano morire assiderato di notte. forse era un tantino eccessivo parlare di assideramento da quelle parti eppure Jude aveva notato che di notte le temperature si abbassavano in maniera incredibile in quel luogo, come accadeva nei deserti. Questo perchè nelle notti trascorsi assieme ad Ahmet aveva avvertito l'esigenza di uscire dalla capanna (gli mancava il fumo e privarsene così, di punto in bianco, era un'altra sfida alla quale la vita lo aveva sottoposto).
    I discorsi si spostarono sull'ormai vecchio impiego di Jude che aveva faticato così tanto per ottenere una promozione ed ora non aveva neppure il tempo di godere dei frutti dei suoi sforzi. Non sapeva se l'idea fosse stata di Ygritte o se si fosse consultata con altri anziani, ma la trovò congrua alla sua persona. Effettivamente qualche nozione mi è stata impartita tanti anni fa, ma ovviamente non essendo stato un cacciatore di professione credo che avrò molto da imparare. Sono una persona determinata e non mi lascio scoraggiare facilmente, quindi se questa gente avrà un pò di pazienza, confido di poter diventare un elemento utile per questi fini. Non sapeva quali altre fossero le occupazioni sull'isola, non aveva avuto tempo di approfondire la questione con Ahmet, ma senza dubbio poter avere un'occupazione attiva, che non lo facesse stare seduto sulla sabbia o a mollo nell'acqua, era un'ottima notizia. Poteva sperare che gli altri "cacciatori" fossero pazienti e che non si aspettassero chissà quali cose da parte sua. Ma la questione venne interrotta da un arrivo inaspettato.
    Si trattava di una ragazza ad occhio e croce della stessa età di Ahmet, anno in più anno in meno, il cui volto provato dalla calura presentava la stessa espressione sbigottita che era certo di aver palesato anche lui appena qualche giorno prima. Faceva strano trovarsi dall'altro lato, seppur da poco tempo, e provava pena per lei perchè sapeva a cosa andava incontro, essendoci passato a sua volta. Notò che era stata abile a trovare quel luogo senza aver nessuno che la conducesse lì, come era accaduto a lui, e per di più con dei pesi. Io sono Jude. si presentò accennando un saluto con la mano. Ormai dubitava che si potesse dire di usare ancora la classica stretta di mano per le presentazioni. Sono apparso anch'io da poco, posso immaginare cosa tu stia provando. aggiunse cercando di apparire il più sensibile possibile. D'altronde non era una situazione facile quella che la ragazza stava affrontando e forse sapere di non essere la sola a sentirsi così (dopotutto anche lui non è che si fosse del tutto ripreso dallo shock) poteva rincuorarla. Spostò lo sguardo su Ygritte che sembrava intenzionata a seguire la proposta di Ahmet di offrire un pò d'acqua fresca e qualcosa da mettere sotto ai denti alla nuova arrivata. Avvertiva qualche occhio curioso posarsi su di loro, chissà cosa potevano pensare i presenti del loro gruppo dissimile.
     
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  8. Lauren White
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    Lauren ascoltava le parole della ragazza di cui ancora ignorava il nome, le ascoltava, si, ma le sembravano assurde Cos'è, uno scherzo? Il suo scetticismo in quel momento prese il sopravvento Si, ovvio, va bene essere appassionati alla magia, anche a me piace, ma crederci. Eppure c'era qualcosa che non le tornava, oltre al fatto di trovarsi in un posto sconosciuto quando poco prima era nella sua città natale conosciuta molto bene, c'erano anche le facce degli altri due ragazzi mischiate alle parole di tutti e tre, parole che non sembravano delle bugie, voleva credere che lo fossero, ma in cuor suo sapeva che in qualche modo stavano dicendo il vero.

    "Lauren, molto piacere" Disse presentandosi a sua volta e guardando i voti degli altri tre Ygritte, Jude e... Si ripetè i nomi nella mente per non scordarli e guardò l'unico di cui ancora non sapeva il nome ...e tu sei? quella domanda rimase nella sua testa; si guardò intorno notando le facce curiose degli altri abitati dell'isola, un'ulteriore prova che quello che dicevano quei tre era vero, tornò a posare lo sguardo sul ragazzo sconosciuto e strinse a se la sacca della sua chitarra come a dire "E' mia, non la toccare" e disse Si, grazie, mi ci vuole proprio un bicchiere d'acqua. Doveva bere qualcosa, solo per quello aveva accettato, ma i suoi occhi controllavano ogni movimento, era più forte di lei, non ce la faceva a fidarsi di qualcuno di estraneo.

    Si incamminò seguendo gli altri e, durante il breve tragitto, sentiva gli sguardi delle persone su di lei, di solito le piaceva, adorava essere la cantante della sua band, adorava essere al centro dell'attenzione, ma adesso, in quella situazione, si trovava estremamente a disagio.

    Quando arrivarono a quelle capanne indicatele, si sedette posando con delicatezza la sua chitarra per terra, prese un sorso d'acqua dal bicchiere offertole e si sentì subito meglio, tanto che il suo scetticismo tornò fuori e le fece pronunciare queste parole In pratica mi avete detto che una forza misteriosa mi ha teletrasportato su un'isola sconosciuta? E magari c'è anche del fumo nero che ci insegue e un bunker misterioso. Quel pensiero le era comparso dal nulla, aveva visto questa cosa da qualche parte, ma dove? Non lo ricordava, e il fatto che non lo ricordasse la stava preoccupando, come se fossero le prole dei tre ragazzi ad avere un senso, e non le sue.
     
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7 replies since 22/2/2019, 15:24   154 views
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